RIONE CAMPITELLI

ORIGINE

Diverse le spiegazioni circolanti sull’origine del nome del X Rione di Roma. Derivazione di campus telluris (campo sterrato) o del nome Capitolium attribuito al più piccolo ma anche al più importante dei sette colli perché sulla sua sommità si ergeva il Tempio di Giove, centro religioso della città e luogo di celebrazione per i condottieri al rientro dalle campagne vittoriose. L’emblema che raffigura la testa di un drago si collega invece alla leggenda di un drago (personificazione del demonio) che infestava il Foro romano e che venne sconfitto da Papa Silvestro I. Curioso poi il nome di “Fabatosta” dato al Campidoglio in epoca medievale, per il mercato che si trovava alle pendici del colle quando dai fasti militari si passa a celebrare uno dei prodotti tipici della cucina romanesca: le fave secche e fresche.

Sul lato meridionale del colle, la Rupe Tarpea, la parete rocciosa che prende il nome da Tarpeia la vestale che mostrò ai nemici Sabini come entrare in città sorprendendo i soldati romani. Questa leggenda narrata da Livio e Properzio, spiega l’usanza a lungo in uso a Roma, di gettare dalla rupe i traditori della patria. Nei pressi, all’interno del Foro Romano il Carcere Mamertino, costruito da re Anco Marzio nel VII secolo a.C, la più antica prigione di Roma dove secondo tradizione, furono rinchiusi gli apostoli Pietro e Paolo nella parte più segreta della prigione un ambiente buio e spoglio cui si accedeva da un foro sul pavimento dove venivano gettati e poi strangolati i prigionieri di stato. Secondo la tradizione rinchiusi nella segreta, senza luce, i due apostoli fecero scaturire miracolosamente una sorgente (in latino “tullus“, polla d’acqua)  da cui il nome “Tullianum” attribuito all’ambiente.

Addossata al lato est del Vittoriano, alla base della scala dell’Ara Coeli ci sono i resti di una tipica casa in affitto della Roma imperiale l’Insula dell’Ara Coeli, una sorta di grande condominio per quanti non potevano permettersi le domus, cioè le case di proprietà. Le grandi arcate del portico ospitavano botteghe e laboratori mentre il piano in corrispondenza dell’odierno piano strada era l’antico secondo piano, con ambienti spaziosi e luminosi, generalmente dati in affitto a famiglie più abbienti. I piani superiori, invece, erano composti da appartamenti angusti affittati alle famiglie. Nell’insula alta fino a cinque piani, potevano alloggiare circa 400 persone.

Resti dell’Insula dell’Ara Coeli, lato strada

 

EDIFICAZIONE

L’area considerata l’antico vero centro cittadino è stata soggetta a profondi stravolgimenti che ne hanno cambiato aspetto ed identità. In particolare, la costruzione del Vittoriano e di via dell’Impero, oggi via dei Fori Imperiali, ha determinato la scomparsa di una buona parte  di Roma antica: strade, vicoli, chiese, una piccola collina la Veia e le strade circostanti come via Alessandrina e piazza delle Carrette o via della Salara Vecchia, cosiddetta perché la percorrevano i carri che si recavano a caricare il sale nella salara capitolina. Dagli scavi emerse un villaggio di case romane di epoca repubblicana, andato completamente distrutto e addirittura tra le statue della Roma più antica, dagli scavi affiorò il teschio di un elephas antiquus italicus, una specie di elefante ormai estinta di quasi quattro metri di altezza, con zanne che scendevano quasi dritte a sfiorare il suolo, motivo per cui viene anche definito “elefante dalle zanne dritte”.
Il rione che oggi si caratterizza per la presenza di siti archeologici, museali, e di chiese, con pochi residenti tanto da farne il rione meno popolato di Roma, un tempo brulicava di vita e attività.
Molti scrivani pubblici, utilissimi in una epoca in cui le comunicazioni erano un problema, qui esercitavano la professione così come i barbieri, che radevano i clienti davanti al cannello d’acqua delle fontane. Non si trattava di vere e proprie botteghe artigiane bensì di punti di lavoro itineranti, con poco più di uno sgabello e qualche attrezzo del mestiere. Numerose erano anche le osterie dove per pochi centesimi si poteva gustare la minestra con le verdure dei contadini che affollavano la piazza per il “mercato delle opere” una sorta di mercato contadino ante litteram perché con il termine ‘opere’ all’epoca, si identificava il lavoro nei campi.
Il cuore della zona può essere considerato l’area dei Fori imperiali quelli degli imperatori Cesare, Augusto Nerva e Traiano, su cui ci sarebbe molto da scrivere. Tra l’altro l’evoluzione dell’area prima dell’età imperiale è molto complessa in quanto parte integrante dell’urbanistica della città che si adatta sia al territorio che all’evoluzione, anche sociale, dello stesso. A Roma si succederanno infatti diversi fori in epoche differenti, per ospitare attività sempre più vicine alle necessità della popolazione. Rinviando dunque ai testi di storia romana per i necessari approfondimenti, purtroppo si può rilevare come gli interventi delle epoche successive a quella romana furono tutt’altro che rispettosi dell’immenso valore storico dell’area.
Basti pensare che nel Rinascimento papa Giulio II  la sfruttò come cava di materiali da riutilizzare nel progetto di rinnovamento edilizio e artistico della città da lui stesso avviato. Testimonianze documentali dell’epoca, attestano come la distruzione dei monumenti fosse molto rapida, malgrado le perplessità espresse da molti artisti dell’epoca, del calibro di Raffaello o Michelangelo.
E proprio agli artisti si deve la riscoperta del Foro nel XVI secolo quando le rovine affioranti tra i prati divennero uno dei soggetti preferiti dai pittori di vedute romane. Nel Basso Medioevo una vasta area dei Fori fu urbanizzata con abitazioni, chiese e monasteri, fino alla radicale trasformazione voluta, alla fine del XVI secolo, dal cardinale Michele Bonelli, nativo di Alessandria, che vi realizzò il quartiere denominato “Alessandrino”.
Tra il XVII e il XVIII secolo il sito – esaurito lo sfruttamento come cava di pietre- veniva utilizzato principalmente come luogo di pascolo. 
Il progetto fascista dell’apertura di via del Teatro di Marcello e di via dei Fori Imperiali per unire lungo un unico asse viario il Vittoriano al Colosseo, segnò l’ulteriore trasformazione di Roma secondo la concezione dell’epoca che la voleva monumentale e allo stesso tempo moderna, con grandi vie per lo scorrimento del traffico, ritenute simbolo di progresso e determinò l’attuale assetto.  Malgrado non fosse prevista dal piano regolatore del 1931, in poco meno di un anno via dell’Impero- divenuta dopo la seconda guerra mondiale via dei Fori imperiali- venne completata per essere inaugurata il 28 ottobre del 1932, in occasione dell’anniversario della marcia su Roma con la distruzione del quartiere Alessandrino e il trasferimento coatto di quasi mille famiglie. Tra il 1932 ed il 1933 vennero posizionate lungo la via quattro statue in bronzo riproduzioni degli originali, in marmo, conservate altrove dei quattro Imperatori Romani, i cui rispettivi Fori si avvicendavano lungo la strada.

il Foro Romano

 

 

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